anton soliman 
Anatomia di un giovane disoccupato 

Un paese povero e sonnacchioso del centro-sud, come ce ne sono tanti. Sergio è giovane, è indolente e possiede uno striminzito diploma da ragioniere. Cerca con poca convinzione un impiego pubblico non troppo lontano da casa dove vive con i genitori e dove la mamma lo accudisce. La sua ambizione non oltrepassa un futuro standard, con lo stipendio fisso e un percorso da omologato con la fidanzata Franca, secondo il modello esistenziale di suo padre che con la moglie ha trascorso una esistenza modesta ma tranquilla. Tuttavia i tempi sono cambiati e al pari dei suoi coetanei non trova lavoro adatto alle sue scarse capacità.

Dopo un periodo di vagabondaggio da un bar all’altro, incomincia un calvario attraverso inconcludenti corsi di formazione, colloqui umilianti negli uffici di collocamento, quindi attività al nero o a sfondo illegale fino a rendersi conto che sul mercato la sua povera preparazione non vale nulla. Cade in depressione ma ha modo di riflettere sul suo ambiente sociale, sulle proprie capacità limitate e su una impressionante impreparazione culturale nei riguardi di un mondo spietato e in continua evoluzione. Scopre pure che i suoi obbiettivi esistenziali sono fasulli tanto da non meritare affanni per raggiungerli.

Per un puro caso viene ingaggiato come assistente in un cantiere stradale in Africa, ai confine del mondo, dove viene a contatto con valori etici e operativi del tutto diversi da quelli del suo ambiente originario. Inizia per lui un compito difficile, senza sfumature, lontano da casa e per certi versi impietoso. Dopo un lungo periodo di sofferenze psicologiche in mezzo a compagni di lavoro inebetiti dalla nostalgia per la patria lontana, impara a stringere i denti e intravede la sua esistenza in una chiave del tutto insospettata.